Facebook è il peggiore social per molestie online

Un sondaggio globale rivela che il Social Network Facebook è la piattaforma con più molestie verso attivisti ambientali.

Una nuova indagine condotta da Global Witness porta alla luce un quadro allarmante: oltre il 90% degli attivisti ambientali intervistati ha subito molestie online, e Facebook si conferma la piattaforma più citata tra quelle coinvolte. Seguono X (ex Twitter), WhatsApp e Instagram, tutte di proprietà di Meta. I risultati sollevano serie preoccupazioni sulle conseguenze nel mondo reale per chi si espone in prima linea nella difesa dell’ambiente.

Facebook sotto accusa: dati preoccupanti sulle molestie online

La ricerca ha coinvolto oltre 200 attivisti tra novembre 2024 e marzo 2025. Il 62% ha denunciato abusi su Facebook, il 36% su WhatsApp e il 26% su Instagram. Il dato più inquietante, tuttavia, è che il 75% degli intervistati teme ripercussioni fisiche legate alle aggressioni online subite.

Molti attivisti raccontano esperienze personali che confermano il collegamento tra molestie digitali e minacce concrete. Fatrisia Ain, attivista indonesiana, ha dichiarato che Facebook ha rifiutato di rimuovere contenuti che l’accusano falsamente di essere comunista: in Indonesia, simili accuse sono estremamente pericolose. Ain ha già subito molestie fisiche durante proteste pubbliche, e oggi si muove solo se protetta da un gruppo di donne anziane.

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Meta e gli strumenti (insufficienti) per la moderazione dei contenuti

Nonostante i dati preoccupanti, Meta ha ridotto gli investimenti nella moderazione: a gennaio ha dismesso il programma di fact-checking di terze parti, affidandosi a un approccio partecipativo simile a quello di X. Secondo gli attivisti, questa scelta ha aumentato la disinformazione e l’odio online.

Meta ha risposto alle critiche sottolineando la disponibilità di strumenti come “Hidden Words” e “Limits”, che permettono agli utenti di filtrare commenti e messaggi offensivi. Tuttavia, secondo Global Witness, questi strumenti non sono sufficienti senza un investimento concreto e sistemico in moderazione umana, algoritmi responsabili e politiche trasparenti.

Attivismo e genere: le donne sono le più colpite su Facebook

Il rapporto evidenzia un altro dato critico: le attiviste donne subiscono più molestie rispetto agli uomini. Le minacce includono violenza sessuale, diffamazione e tentativi di screditamento personale. Il tutto ha un impatto diretto sulla salute mentale e sulla libertà d’azione di chi combatte per i diritti ambientali e sociali.

Hannah Sharpe, campaigner di Global Witness, ha evidenziato l’ironia del modello “free speech” adottato da molte piattaforme, che di fatto silenzia le voci più vulnerabili invece di proteggerle.

Quali soluzioni propongono gli attivisti?

Secondo Global Witness, le piattaforme social potrebbero intervenire concretamente attraverso:

  • Investimenti seri in moderazione dei contenuti;
  • Coinvolgimento del pubblico nel monitoraggio;
  • Algoritmi meno polarizzanti;
  • Rimozione rapida di contenuti dannosi, su richiesta documentata.

Il prossimo report di Global Witness, previsto per settembre 2025, sarà incentrato sulle uccisioni di attivisti per l’ambiente: nel 2023 sono state registrate almeno 196 vittime in tutto il mondo.

Una cifra che potrebbe aumentare se l’odio online non verrà contenuto.

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