Ubisoft: “Le microtransazioni rendono i giochi più divertenti”

Secondo Ubisoft, le microtransazioni rendono l’esperienza di gioco più divertente, anche nei titoli a pagamento.

Ubisoft difende le microtransazioni nei giochi premium: “Rendono l’esperienza più divertente”

Ubisoft ha pubblicato il suo ultimo report finanziario annuale, e un passaggio ha scatenato una forte reazione da parte della community: la società afferma che le microtransazioni nei giochi a pagamento migliorano l’esperienza di gioco. Una dichiarazione che, considerata l’attuale clima critico nei confronti della monetizzazione aggressiva nei videogiochi, ha sollevato più di una perplessità.

Secondo quanto riportato da Notebookcheck, Ubisoft sostiene che l’aggiunta di contenuti acquistabili come potenziamenti, skin e oggetti cosmetici nelle sue produzioni “rende il gameplay più divertente e personalizzato”. La frase è apparsa nel bilancio, poco dopo il lancio di Assassin’s Creed Shadows, uno dei titoli recenti del colosso francese che, insieme a Star Wars Outlaws e Skull and Bones, ha ricevuto critiche proprio per la massiccia presenza di microtransazioni, anche in modalità single-player.

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Prezzi in aumento e microtransazioni: un binomio che i gamer non accettano

Con un prezzo standard sempre più diffuso di 70€ o più per i titoli AAA, i giocatori faticano a digerire l’introduzione di sistemi di monetizzazione aggiuntiva. In particolare, il malcontento cresce quando queste dinamiche vengono introdotte in giochi a giocatore singolo, dove in teoria non esiste competizione e la progressione dovrebbe essere interamente gestita dall’utente.

Ubisoft ha sottolineato che i contenuti a pagamento sono opzionali, ma chi ha esperienza nel settore sa bene quanto spesso i giochi vengano strutturati per incentivare (o forzare) gli acquisti, riducendo la soddisfazione e il bilanciamento delle meccaniche di gioco se si decide di giocare “normalmente”.

E non si tratta di un caso isolato: titoli come Call of Duty hanno portato all’estremo questo modello, vendendo cosmetici a oltre 16 dollari a fronte di un costo base già elevato. Anche Dragon’s Dogma 2 ha ricevuto critiche per aver inserito microtransazioni persino per modificare il personaggio o per viaggiare rapidamente, sebbene in forma meno invasiva.

L’analisi: le microtransazioni nei giochi non free-to-play vanno eliminate

Le dichiarazioni di Ubisoft sembrano voler giustificare un modello di business ormai diffuso, che continua a essere rigettato da una buona parte della community. I contenuti a pagamento dovrebbero esistere solo nei giochi free-to-play, dove rappresentano una forma di sostentamento alternativo. Nei titoli a prezzo pieno, sono percepiti invece come una tassa ingiustificata sull’esperienza.

Dal punto di vista aziendale, è comprensibile che publisher come Ubisoft vogliano aumentare i margini di guadagno, ma dal lato del consumatore il beneficio è minimo, se non nullo. Spesso, infatti, i contenuti acquistabili perdono valore velocemente, o vengono sostituiti nei sequel da nuovi oggetti che rendono inutili gli investimenti precedenti.

Lo stesso accade con Call of Duty, dove solo negli ultimi anni è stata introdotta la possibilità di trasportare cosmetici da un capitolo all’altro, ma solo per un ciclo annuale. Nei titoli single-player, il problema è ancora più evidente: gli oggetti a pagamento spesso si possono sbloccare comunque con il normale avanzamento nel gioco, o non offrono alcun reale impatto sulla fruizione.

Monetizzazione sempre più aggressiva di Ubisoft

Se questo trend continuerà, i consumatori rischiano di trovarsi con giochi sempre più costosi e sempre più frammentati da contenuti a pagamento. Il timore è che publisher come Ubisoft, EA, Activision e altri si sentano legittimati a spingere oltre le barriere del buon senso, aumentando i prezzi base e riducendo sempre più il contenuto offerto senza ulteriori spese.

Il futuro dell’industria videoludica non dovrebbe dipendere da skin da 10 euro o da scorciatoie acquistabili. Dovrebbe concentrarsi sulla qualità dell’esperienza, sulla creatività e sul rispetto verso chi decide di pagare – già profumatamente – per acquistare un gioco.

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